Liberare il femminile

In un momento storico in cui non si fa che parlare di parità di genere e di liberazione delle donne, mi piacerebbe condividere con voi alcune riflessioni sui concetti di ”potere”, “libertà” e anche “ femminile”.

Spesso ho pensato che quando si parla di parità tra i sessi, si parla di parità di diritti, di parità di opportunità, ma sempre all’interno di una società basata prima che sul potere maschile, su una visione del mondo, una Weltanschauung tipicamente maschile.

Riconosco che l’attuale lotta per la parità di diritti rappresenta una tappa fondamentale perché non c’è libertà e nemmeno dignità se non c’è indipendenza economica ed è proprio da questo assunto che nasce il progetto di Africagoo: ridare dignità a ragazze ultime tra gli ultimi, attraverso l’indipendenza economica. Solo che a mio avviso non basta. Avere pari diritti e pari potere in un mondo plasmato su un modello maschile, secondo me, non risolve i problemi. Certo dopo oltre duemila anni in cui l’identità, la visione del mondo, i valori e addirittura il senso del sé si sono definiti a partire dal maschile, anche solo immaginare un cambiamento radicale, una rivoluzione copernicana nell’ambito del rapporto tra i sessi appare visionario e utopistico. Eppure se avessimo l’umiltà di guardare a mondi e civiltà lontani da noi (non tanto come distanza geografica che la globalizzazione sta annullando quanto come distanza temporale) ci renderemmo conto che le civiltà che sprezzantemente abbiamo bollato come “ primitive” perché scarsamente tecnologiche, avrebbero ancora molto da dirci e da darci.

Nell’ Africa animista, quella che precede la colonizzazione bianca, gli elementi costitutivi dell’universo , quelli che i filosofi presocratici chiamavano archè, sono quattro, due maschili e due femminili. La Terra e l’Acqua preposti alla creazione sono femminili, l’Aria e il Fuoco, preposti alla distruzione sono maschili. In questa divisione non c’è alcun criterio di giudizio dato che nell’equilibrio determinato dalla natura, la morte è solo l’interfaccia della vita e la distruzione è necessaria perché possa continuare la creazione. La trasmissione della vita, che nella cultura ancestrale è il valore più grande, il criterio che dà senso a tutti gli altri valori, passa anche attraverso la distruzione, in un eterno fluire del tempo circolare in cui tutto , continuamente, muore e rinasce. Il problema si verifica quando uno dei due principi sovrasta l’altro e l’equilibrio si spezza, quando il maschile col suo vento di fuoco pretende di dare tutte le risposte, tutte le soluzioni, pretende di plasmare la visione del mondo in modo totalizzante. Da tempo l’antropologia, guardando ai reperti preistorici ci ha mostrato che l’ umanità ai suoi albori credeva che il Divino fosse femminile, nella consapevolezza che tutto ciò che in natura nasceva o rinasceva era creato dal femminile, fossero creature umane, animali ,piante. Il femminile era così potente da essere identificato col Divino ma certamente non rappresentava una forma di supremazia bensì l’altro significato dell’etimo *pot , potere come possibilità, potenzialità. E’ un potere che nasce dal basso, non dall’alto. L’ elemento creatore è un vuoto, ma è un vuoto vivo, pulsante. La cosmogonia Mande, trasmessa oralmente dice:

“ Prima della creazione del mondo, prima dell’ inizio di ogni cosa, non c’era nulla, se non un ESSERE. Tale essere era un VUOTO senza nome e senza limite, ma era un vuoto Vivo, che covava potenzialmente in sé la somma di tutte le esistenze possibili. Il Tempo infinito, atemporale, era la dimora di questo ESSERE UNO”.

Certo non spetta a me dire quando questa visione del mondo cambia, non ne ho le competenze, ma ritengo che la rivoluzione che pone il maschile in posizione di supremazia sia la scoperta dei metalli perché nasce la techne, cioè il potere di controllare la natura, di pianificare, di modificare la natura stessa anziché seguire il suo ritmo. Questo brusco cambiamento non avviene dappertutto allo stesso modo. Nel continente africano ma anche tra i nativi americani, gli indios dell’Amazzonia o gli aborigeni australiani, questo cambiamento avviene con grandissima lentezza, solo nel nostro mondo il cambiamento deve essere stato repentino e dolorosissimo se i miti sia del mondo semitico che del mondo greco rivelano un grado di angoscia che ancor oggi ci colpisce. La cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre li precipita in un mondo dove è negata la comunione col Divino perché il divino si stacca dalla natura per diventare un valore assoluto, trascendente e MASCHILE. Ma quale terribile peccato hanno commesso i nostri progenitori? Quella coppia primordiale che, al contrario, la cultura animista raffigura con affetto e tenerezza? In cosa consiste il peccato originale che infetterà tutte le generazioni a venire con la sua terribile maledizione? Io credo che il Peccato originale, quello da cui discendono tutti gli altri mali sia l’aver sperimentato quasi carnalmente (tale è il significato del verbo “ conoscere” nel linguaggio biblico) l’esercizio del Potere. Il Potere di manipolare, schiacciare, eliminare, sicuramente controllare l’universo che ci circonda. Un potere inteso come valore in sé. L’albero della conoscenza del bene e del male, la promessa del serpente “ mangiate il frutto e sarete simili a Dio” è la promessa di poter esercitare sulla natura un potere simile a quello di Dio: creare e distruggere. Usciti dalla comunione con la Natura, la Terra non più Madre creatrice sarà infida e crudele e lavorarla non sarà la gioia del figlio a cui la madre dà spontaneamente doni ma materia da sfruttare con mezzi sempre più sofisticati a cui sottrarre e strappare frutti in una lotta che sfinisce entrambi. Il parto della donna, la cosa più gioiosa e creativa, quell’atto che più di ogni altro avvicina la donna alla divinità creatrice, diventerà innaturalmente angosciante per il carico di dolore che comporta. Uscita dalla comunione con la natura, la razza umana non conoscerà conciliazione ma solo violenza. Già la prima generazione vedrà un delitto con cui un fratello ammazza il fratello, l’agricoltore Caino uccide il pastore Abele. Nel mondo greco è Prometeo che porta la techne con la scoperta del fuoco, indispensabile alla lavorazione dei metalli. E anche questo mito gronda dolore e angoscia. Zeus, il dio maschile per eccellenza, incatena Prometeo al Caucaso con una pena mostruosa, un’aquila gli rode il fegato che ricresce ogni giorno affinché la pena non abbia fine. Uscita dal tempo circolare in cui tutto ciò che muore rinasce, l’ umanità è condannata a vivere con la consapevolezza della morte che è katastrophè, fine di tutto. L’essere umano, schiacciato tra un passato che non è più e un futuro che non è ancora è appiattito su un presente che dura meno di un attimo. L’unica cosa che sembra lenire questa angoscia è l’esercizio di un controllo sulla natura, nell’illusione che esso rappresenti un controllo sulla vita e sulla morte. E’ il mondo al maschile che identifica controllo e potere. Aria e fuoco hanno la meglio su terra e acqua, la distruzione prevale sulla creazione, il potere si sostituisce alla potenzialità. Il primo controllo ovviamente si eserciterà da parte dell’uomo sulla donna in modo che la procreazione non sia più nelle mani di lei ma in quelle di lui. E non solo la procreazione fisica, ma anche quella intellettuale, la creatività, il libero pensiero. Non solo l’ uomo condizionerà per almeno due millenni la sessualità femminile ( cosa che a ben pensarci è già mostruosa di suo) ma condizionerà il pensiero, l’immaginario, la percezione di sé, il linguaggio. Chiusa nell’oikos la donna greca conoscerà parole, per così dire di seconda mano, prestate dall’uomo. Del resto in uno dei due racconti biblici la donna non è forse un pezzo dell’uomo, creata per soddisfare il bisogno dell’ uomo, quello di non essere solo? Il mito della ninfa Eco, costretta a ripetere parole non sue non rappresenta meglio di ogni altro il primo problema relazionale tra uomo e donna? Costretta ad usare un linguaggio non creato da lei, che non esprime al meglio il suo mondo interiore, non riesce a farsi capire. A sua volta Narciso, non raggiunto dalle parole di lei muore condannato dal suo stesso egocentrismo, dalla sua incapacità di aprirsi alla relazione con l’alterità. Ciò che sfugge al suo controllo lo terrorizza e ripiegato su se stesso, incapace di vedere alcunché al di fuori di se stesso si isterilisce e muore. A questo punto sorge spontanea una domanda: è possibile un mondo al femminile? Un mondo in cui le donne non si limitino a condividere un potere accettando supinamente un modo di pensare il mondo e raccontare il mondo, che non appartiene loro? Dove la logica è quella della forza, della prevaricazione, del consumo inteso come distruzione prima di tutto della natura e poi degli altri esseri umani? E’ ovvio che su un tale tema non ci sono risposte facili ma veramente credo che il tempo sia maturo per riflettere seriamente. Perché il controllo è diventato aperta violenza e la sofferenza della natura violentata e violentata è sotto gli occhi di tutti. Ma anche il disorientamento a livello di pensiero, la creatività sempre più ingabbiata e inespressa sono i segnali che abbiamo imboccato il percorso che porta Narciso ad annegare perché in fondo al pozzo vede solo se stesso e si innamora di se stesso. Mi chiederete cosa c’entra tutto questo con l’ Africa. C’entra in molti modi.

Il primo è la visione della cultura ancestrale che vede la trasmissione della vita in tutte le sue forme un bene assoluto, custodito e garantito da tutta la comunità. I figli non sono della donna che li partorisce, la Terra non è possesso di chi la compra. “ Sono un anello della catena degli uomini, devo trasmettere ai miei discendenti la che io ho ricevuto dai miei genitori e che non mi appartiene”. E ancora “ Il bambino, assai prima della nascita, sotto forma di << anima preesistente>>, è oggetto di sollecitudine da parte di tutta una stirpe di Antenati, fino alla placenta, alla Madre primordiale che ha cominciato a plasmarlo” . Neanche la Terra ci appartiene per usarla come più ci aggrada. “La terra non ci è stata data dai nostri padri, ci è stata prestata per i nostri figli” recita un proverbio swahili. La Terra che è la prima grande Madre è venerata. Contrariamente a quanto diffusamente si crede, l’ attuale condizione femminile di subalternità della donna africana non era affatto diffusa prima dell’arrivo dei colonizzatori. Uomini e donne vivevano separati e con compiti rigorosamente diversi, ma su un piano di pari dignità. I Pigmei della foresta dell’Ituri (ormai quasi estinti per l’ ingordigia di metalli rari delle varie multinazionali che hanno distrutto la foresta equatoriale in cui i Pigmei vivono) sono un popolo di cacciatori- raccoglitori: gli uomini cacciano, le donne raccolgono. Si caccia e si raccoglie solo quello che serve al nutrimento di un giorno perché la foresta regala ogni giorno i suoi doni a chi la rispetta. La donna è rispettata e amata, lo stesso i bambini. In gran conto sono tenuti i canti, la musica in generale e i racconti orali da tramandarsi alla fine della giornata. Primitivi e barbari, dirà qualcuno. Resta il fatto che questi “primitivi e barbari”, prima di essere raggiunti dalla nostra “civiltà”, hanno saputo così ben autoregolarsi e vivere in sintonia con un ambiente per noi ostile e difficilissimo, da sopravvivere per millenni dato che già Erodoto parla degli “ uomini piccoli”. Per i Pigmei ho parlato di assoluta parità, intesa come armonia tra le diversità, ma ci sono etnie in Africa che ancora praticano il matriarcato. Sono delle enclave, certo, ma vale la pena di parlarne. Io ne ho conosciute alcune caratterizzate da forme diverse di matriarcato, parola, per altro, assai controversa e soggetta ad ambiguità. Quella che mi ha più colpito è stata la piccola comunità Kunama in Eritrea. A capo del villaggio ci sono due donne, una a cui spetta il potere spirituale e che è scelta direttamente dallo Spirito Divino che la fa andare in trance, l’altra eletta dalla comunità a cui spetta la responsabilità economica e politica della comunità stessa. Gli uomini, convinti della saggezza delle due donne si affidano completamente a loro per la distribuzione dei compiti e del lavoro e per la redistribuzione dei beni prodotti. Quello che mi ha colpito, stando con loro, è stata la serenità e il senso della giustizia che ho trovato anche nei bambini oltre a un grande senso dell’ospitalità. Qualcuno potrebbe obiettare che si tratta di esempi marginali e indubbiamente lo sono ma questi esempi erano molto più diffusi prima che gli inglesi deformassero la mentalità dei “selvaggi” con la visione vittoriana del mondo femminile.

Io credo che a questi modelli dovremmo ispirarci, reinterpretandoli, certo, adattandoli anche, ma senza stravolgerne lo spirito che è quello di operare una rivoluzione in cui uomini e donne partoriscano una cultura prima che una società basata sul femminile, inteso prima di tutto come ritmo, creatività, amore per la bellezza, poesia, conoscenza del mondo che ci renda interpreti del canto degli uccelli, della danza degli alberi, della musica dell’acqua, che ci renda capaci di decifrare il linguaggio della natura per vivere in armonia con essa, danzando per chiederle perdono quando siamo costretti a violarla. Presso i Dagara, popolo del Burkina Faso, la spiritualità di un essere è proporzionale alla sua utilità nella conservazione e trasmissione della vita. Per questo motivo gli esseri più spirituali sono gli alberi e le piante, senza i quali la vita sulla terra è impossibile. Poi vengono gli animali. L’ uomo viene ben ultimo perché non solo è inutile per la vita sul nostro pianeta ma è addirittura dannoso. Noi invece siamo come Narciso, innamorati di noi stessi e convinti di essere bellissimi e perfetti. Per questo, se non stiamo attenti, a furia di correre dietro alla nostra immagine, finiremo annegati in fondo a un pozzo.

Luciana Riggio

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: