Impressioni africane

il laboratorio sartoria di Accra (Ghana) pressoché finito


Ciao a tutte e a tutti. Sono appena tornata dall’ Africa e ho ancora gli occhi e il cuore pieni dei colori, dei sapori, dei suoni della mia Africa. Mancavo da 4 anni e mi si è stretto il cuore perché ho trovato un’ Africa più povera e più disperata. Due anni di Covid e la guerra in Ucraina hanno distrutto quel po’ di economia che, pur tra mille problemi, cercava di emergere. Dovunque, come in un formicaio impazzito, si vedono
uomini e donne, soprattutto donne, a volte ancora bambine, che cercano un modo per procurarsi ogni giorno il cibo necessario. Molti non hanno più una casa dove abitare perché non possono permettersi di pagare l’affitto anche delle case tipiche, quelle senza acqua corrente e con la latrina in cortile. Il prezzo del cibo continua a crescere: il pane è arrivato a 4 euro al kilo con uno stipendio medio di 100 euro al mese. Il
prezzo del riso è raddoppiato nel giro di poche settimane. Carne o pesce sono improponibili, ragion per cui la maggior parte si nutre quasi esclusivamente di GARI (polenta di manioca) o BANKU (polenta fermentata di mais bianco), cibi ad alto contenuto di zuccheri che saziano e ingrassano ma hanno pochissimo valore nutritivo. Ai mali della situazione internazionale si aggiunge la politica dissennata del governo che già da qualche anno favorisce l’importazione dall’estero di beni e cibi che le industrie locali o i contadini producevano (si veda l’esempio dei pomodori o delle marmellate da frutta locale). Il Ghana che è il primo o il secondo produttore di cacao importa grandi quantità di MILO, il Nesquik locale prodotto dalla Nestlè.
Questi sono pochissimi esempi per dare un’idea della situazione generale. In questo stato di cose è impossibile che si crei una classe media o un ceto imprenditoriale che dia impulso ad una economia sana.
Dappertutto si vedono giovani privi di una qualsiasi prospettiva che non sia l’arte di arrangiarsi. Ragazzine di 13/14 anni si fanno mettere incinte nella speranza che il lui di turno le mantenga e finiscono col doversi occupare da sole di se stesse e del bambino. Certo gli abitanti dell’ Africa sono famosi per la loro capacità di resistenza e resilienza, per la loro capacità di sopravvivere. Solo che si tratta di sopravvivere, appunto, non di vivere. Finchè ero là pensavo al nostro mondo e mi sembrava più lontano di Marte. Pensavo alle nostre ragazze e ai nostri ragazzi e mi chiedevo quanto grande sarebbe lo shock se venissero a vivere qui, anche solo per pochi giorni. Pensavo a quanto giustamente gli Italiani siano preoccupati per il loro futuro e mi
chiedevo cosa farebbero se non avessero né la scuola gratuita (almeno quella dell’obbligo), né l’ assistenza sanitaria gratuita ( piena di difetti e carenze, ma in qualche modo presente).

Quella in Italia è la nuova povertà di cui si parla molto, in Africa è la norma e non ne parla nessuno. Quanto tempo passerà prima che in stati pacifici come il Ghana inizino le rivolte, prima che anche lì si insinui l’estremismo islamico che si è già preso il Mali e sta completando la conquista del Burkina? Quanto tempo passerà prima che gli stati europei si sveglino dal loro torpore per una politica economica di autentica cooperazione anziché perseguire una politica di sfruttamento e/o di abbandono che di fatto ha consegnato gli stati africani economicamente alla Cina e militarmente alla Russia e alla nuova arrivata, la Turchia? Quanto tempo passerà prima che capiamo che noi europei abbiamo bisogno dell’ Africa tanto quanto l’Africa ha bisogno di noi?

Luciana Riggio

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